Dylan Dog per me è stata una scoperta piuttosto recente, non che non lo conoscessi prima ma alla mia primissima lettura, caccia alle streghe (che poi ho scoperto essere considerato come una delle migliori storie di DyD), non mi fece esattamente impazzire, forse ero troppo giovane per comprenderlo appieno, fatto sta che solo pochi anni fa, non più di tre credo, ho scoperto quale figata fosse questo fumetto, grazie al primo volume di Dylan Dog la collezione storica a colori edita in collaborazione con Repubblica. Purtroppo mi limitai solo a quel volume ma continuai ad informarmi sul personaggio e la serie scoprendo tante cose interessanti, in particolare la storia del protagonista e il suo legame con Xabaras, quel personaggio malvagio apparso nel primo episodio, l’alba dei morti viventi, e narrata in svariati numeri della serie, di solito in quelli di anniversario come il numero 300, ritratto di famiglia, che mi è capitato di recuperare di recente, un volume della collana interamente a colori scritto da Pasquale Ruju e disegnato da Angelo Stano. Forse mi aspettavo troppo, purtroppo son rimasto un po’ deluso, mi son ritrovato davanti ad una storia strutturata attraverso tre linee narrative: il presente di Dylan che ci riporta nella cittadina del primo episodio citato poco fa, scorci del suo remoto passato e un futuro post Apocalittico che ha per protagonista un fittizio (o almeno credo) fumettista, che grazie ad un espediente di meta narrazione lavora proprio a Dylan Dog. Ecco è proprio quest’ultima, che poi è quella con cui apre la storia, a non convincermi, forse sarà per colpa mia, forse fa riferimento ad altre storie della serie che a causa delle mie mancanze non posso cogliere, ma ho avuto la netta sensazione che tutto questo non fosse altro che un mero riempitivo per arrivare alle 100 pagine canoniche dei fumetti Bonelli. Sul resto la delusione è data dal fatto che i flashback svelano ben poco, scoprendo mio malgrado che per saperne di più dovrò recuperare altri numeri ma ho apprezzato i collegamenti con il primissimo storico episodio. Nulla da ridire sui disegni, Angelo Stano è bravissimo e ho trovato ottima anche la colorazione, perfetta per questa storia e aggiungerei anche per il tipo di carta utilizzato.
Tutto il contrario invece per la storia Dylan in Wonderland di Giovanni Gualdoni e Bruno Brindisi, pubblicata su Dylan Dog i colori della paura 27, collana in collaborazione con la Gazzetta dello Sport. Non mi aspettavo nulla da questa storia, tanto da aver lasciato l’albo in disparte per quasi un mese, e alla fine forse è stata una delle letture più coinvolgenti ed emozionanti di tutta questa collana, che a ben guardare salvo qualche caso non ha esattamente proposto delle pietre miliari dell’indagatore dell’incubo. Il bello è che non si tratta di un capolavoro, anzi è quanto di più prevedibile ci possa essere, sin dalle prime pagine sai esattamente come andrà a finire, beh forse non proprio tutto, c’è un plot twist che effettivamente non mi aspettavo ma non è il fulcro della storia, e i disegni di Brindisi non mi fanno esattamente impazzire ma certi temi per quanto triti e ritriti funzionano sempre, specie se narrati bene.
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