Civil War

E TU DA CHE PARTE STAI? 
scritto da Alexander Reillycivil war

Il riferimento ai fatti che hanno sconvolto l’America agli inizi del nuovo millennio (ovvero l’attacco terroristico alle Twin Towers) è fin troppo chiaro ed evidente.

I tragici avvenimenti dell’11 settembre del 2001, oltre a produrre conseguenze immediate sul piano militare (la guerra all’Afghanistan), hanno anche prodotto rilevanti conseguenze sul piano ideologico e, allargando lo spettro, sul piano filosofico, traducendosi in interrogativi e riflessioni sulla natura della minaccia rappresentata dal fenomeno del terrorismo, sui modi con i quali affrontarla e sul delicato binomio libertà/sicurezza.

Gli Stati Uniti, come il resto dei Paesi anglosassoni, si fondano su una matrice liberale.

Uno dei padri nobili del liberalismo, oltre che uno dei suoi più illustri esponenti per quel che concerne il contributo alla sua elaborazione teorica, è il filosofo inglese John Locke. Il liberalismo di Locke, che poggia sul concetto di diritto naturale, ovvero sulla convinzione che esista un insieme di norme di comportamento dedotte dalla natura e conoscibili dall’uomo, individua i diritti naturali nel celebre trittico “vita-libertà-proprietà”.
Ogni uomo cioè gode di una sfera di libertà individuali che non possono essere in alcun modo scalfite o intaccate (nemmeno da un’entità come quella costituita dallo Stato) e gode del diritto all’incolumità, ovvero di non subire aggressioni da parte di altri.

Ma che cosa succede quando si produce un cortocircuito mediante il quale sicurezza e libertà sembrano entrare in conflitto?
Un cortocircuito all’interno del quale non è apparentemente possibile essere al contempo liberi e sicuri?
Cosa succede quando viene asserito che affinchè si realizzi la seconda condizione (la sicurezza) vada necessariamente limitata la prima (la libertà individuale)?

Questo dibattito si è ulteriormente acuito dopo il varo da parte del governo degli Stati Uniti del cosiddetto Patriot Act, ovvero di una legge federale che contiene una serie di provvedimenti volti a rafforzare il potere di intervento degli apparati di sicurezza (polizia e servizi segreti) a scapito della libertà individuale e della privacy dei cittadini.
Patriot Act che, nella metafora messa in atto dallo scrittore Mark Millar all’interno di Civil War, diventa l’Atto di Registrazione dei Superumani.

Da che parte stai?, chiede l’efficace slogan pubblicitario che promuove a accompagna Civil War.
Domanda difficile.
Senza voler spoilerare nulla ad un eventuale lettore che non ha letto questa saga e che ha intenzione di farlo rispondo dicendo che nella realtà probabilmente appoggeremmo la fazione capeggiata da Tony Stark, mentre nella finzione fumettestica appoggeremmo quella capeggiata da Capitan America.
O meglio, per quel che concerne il fumetto probabilmente seguiremmo la stessa parabola che ha seguito il personaggio simbolo della Marvel Comics ovvero Spider-Man [SPOILER] che inizialmente si è schierato dalla parte di Tony e dell’Atto di Registrazione, salvo poi pentirsene e cambiare idea in seguito alla vista degli abusi compiuti sui superumani fatti prigionieri. [FINE SPOILER]
Fatto salvo che comunque, per quel che concerne la vita reale, sulla scorta delle parole di un grande liberale (anch’egli inglese) come Lord Acton (“il potere corrompe, e il potere assoluto corrompe in modo assoluto”), sarebbe lecito avere remore piuttosto profonde a consegnare nelle mani di un governo delle armi potenzialmente micidiali come sarebbero degli individui dotati di poteri e abilità superumane, in considerazione del fatto che rappresenterebbero una tentazione troppo grande per il perseguimento di finalità personalistiche che contemplano l’oppressione e il sopruso (come effettivamente avverrà nell’Universo Marvel durante il Dark Reign).

Gli interrogativi di natura politica, filosofica ed etica sollevati da Civil War vanno ben oltre i supereroi, l’America e la contrapposizione tra il mondo contemporaneo post-11 settembre e un passato che si suppone più sano e genuino, quasi idilliaco, in virtù di riletture e concezioni dello stesso che molto spesso sono idealizzate e non perfettamente aderenti alla realtà.

Le questioni sollevate da Civil War non nascono oggi, ma animano i dibattiti intellettuali dei più grandi pensatori da tempo immemore.
Non si tratta di problematiche ascrivibili entro i confini (siano essi spaziali o temporali) di un contesto specifico; stiamo parlando di valori e di principi di natura universale, che interessano cioè qualunque luogo, qualunque epoca e qualunque individuo.

Libertà contro sicurezza.
Stato, Governo e diritto positivo (che sono tutti concetti diversi da quello di “ordine”) contrapposti ad una concezione anarchica (non “anarchia” in un’accezione negativa; spesso la si utilizza erroneamente come sinonimo di “caos”, quando in realtà vuole semplicemente indicare un ipotetico scenario all’interno del quale gli individui vivono, operano e interagiscono tra loro in modo totalmente libero… o meglio, in assenza di un’autorità precostituita, come ad esempio quella rappresentata da un’entità statale fondata sul diritto positivo).
Noi lettori, nei confronti dell’Universo Marvel, siamo una specie di figura sovrannaturale, tipo l’Osservatore.
Osserviamo attentamente tutto ciò che accade al suo interno, siamo in grado di leggere i pensieri dei suoi protagonisti, conosciamo ogni cosa.
E in funzione di ciò ci indignamo e reagiamo in modo stizzito, irritato e contrariato quando un supereroe viene messo sotto accusa, o anche solo quando vengono avanzati dei dubbi su di lui.
Io lettore SO con assoluta certezza che il tale supereroe è GIUSTO, che non è animato da fini personalistici è che tutto ciò che fa è finalizzato a migliorare la realtà che lo circonda e a fare altruisticamente del bene nei confronti del prossimo, e questo perchè osserviamo ogni istante della sua esistenza, perchè leggiamo ciò che pensa, perchè siamo in grado di scandagliare la sua essenza più intima e profonda..
Torniamo però per un attimo nel mondo reale.
Come reagiremmo di fronte alla prospettiva del vigilantismo, di ronde di individui che non sono funzionari pubblici, degli agenti statali, che girassero armati e che avessero la facoltà di intervenire laddove lo ritenessero più opportuno e come meglio credono, senza dover sottostare ad alcun tipo di procedura prestabilita e che non devono rispondere del loro operato, dal momento che si dileguano dopo ogni loro intervento e che la loro identità è ignota?
La riposta la conosciamo.
Nella nostra realtà ogni qualvolta si è ventilata la possibilità di autorizzare delle ronde di privati cittadini a girare per le strade delle città e ad intervenire di fronte ad episodi di microcriminalità ci sono state reazioni fortemente critiche.
E comunque si parlava di persone che non avrebbero girato a volto coperto, persone la cui identità è ignota.
“Ma io di queste persone non so nulla! Non so chi sono, qual è il loro addestramento o il loro livello di preparazione, non so come potrebbero reagire in una situazione pericolosa, non so da quali intenzioni sono animati! Non so nulla per cui non mi fido!”
Ma sono le stesse identiche reazioni che ha un qualunque abitante dell’Universo Marvel privo di superpoteri nei confronti di molti dei cosiddetti supereroi.
Quelle cose le sappiamo noi lettori (nella stessa misura nella quale un’eventuale entità sovrannaturale starebbe a noi nell’esempio di poco fa).

Gli eroi, attraverso il loro provvidenziale intervento, hanno salvato il mondo in un’infinità di circostanze nelle quali all’infuori di loro nessuno sarebbe stato in grado di farlo, e che dunque quello che hanno fatto è talmente grande, talmente eccezionale che, unito alla caratura morale che hanno dimostrato, fa sì che si siano guadagnati e meritati uno status giuridico diverso rispetto a quello delle persone “normali”, un po’ per riconoscenza e un po’ perchè la loro funzione (sventare minacce al di fuori della portata dell’uomo medio) necessita di un modus operandi che vada al di là delle procedure applicate da chi deve contrastare la criminalità convenzionale.

Si potrebbe però obiettare che non tutti i supereroi devono combattere minacce aliene, sovrannaturali o metaumane al di fuori della portata delle forze di polizia o degli eserciti, dal momento che esistono molti vigilantes urbani si occupano di microcriminalità.
O che ci sono schiere di giovani supereroi alle prime armi che non si sono ancora conquistati alcun “credito” o “bonus”, non avendo contribuito attivamente a sventare alcuna minaccia di portata mondiale in grado di mettere in pericolo l’esistenza stessa del pianeta.
O che, se l’identità di un supereroe è segreta, anche se quest’ultimo ha dato in più occasioni prova di sè potrei sempre nutrire il dubbio che in qualunque momento sotto quella maschera e quel costume si celi qualcun altro (come faccio a sapere che Eroe X non è morto e che qualcuno si è appropriato della sua identità? Magari Eroe X era “giusto” e si era guadagnato il diritto ad esercitare il suo ruolo di supereroe che opera al di fuori delle regole e delle leggi, ma chi ne ha preso il posto magari no).
O che l’Universo Marvel è popolato anche da personaggi come i componenti dell’X-Statix di Milligan o della prima formazione dei Thuderbolts (ovvero supercriminali sotto mentite spoglie).
Nel 2000 era stata pubblicata una deliziosa storia dell’Uomo Ragno scritta da Paul Jenkins che si intitolava Police Story, all’interno della quale veniva mostrata la reazione dei membri del NYPD alla presenza di Spider-Man.
Venivano descritti gli involontari danni causati da quest’ultimo mentre era convinto di fare del bene.
Ad esempio, catturando un piccolo scippatore o spacciatore mentre stava commettendo un reato minore, mandava in fumo un’operazione volta ad arrivare alla cattura di qualche “pesce grosso”, ignorando che il delinquente che ha fermato era controllato da mesi dalla polizia, che attraverso di lui contava di arrivare più in alto.
O ancora, che la polizia molte volte era costretta a rilasciare quasi subito i criminali che Spider-Man catturava perchè la suddetta cattura era avvenuta in violazione dei suoi diritti civili.
Certo, il pericolo insito nell’Atto di Registrazione è enorme, e consiste nel fatto che potendo disporre dei supereroi un governo non democratico o che qualche funzionario governativo animato da intenti esecrabili (come poi effettivamente avviene nel Dark Reign) si ritrovi a poter disporre di una risorsa potenzialmente ben più pericolosa di quelle che noi chiamiamo “armi di distruzione di massa”.
Idealmente prenderemmo per la fazione contraria all’Atto di Registrazione.

Ma arrivare a prendere una posizione non può che essere il frutto di un percorso complesso e difficile, nel corso del quale è inevitabile essere preda di qualche dubbio e tenere in considerazione le ragioni della controparte; inquadrare il tutto in un’ottica meramente personalistica sposando aprioristicamente e acriticamente la posizione di Steve Rogers/Capitan America in nome della sua supposta superiorità etica e morale nei confronti di Tony Stark/Iron Man voglia dire rischiare di liquidare il tutto in un modo eccessivamente semplicistico.

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